ANNI DI PIOMBO LA STORIA DI DEI NUCELI ARMATI PROLETARI Nap, i ribelli fecero strage (anche di sé) «Vorrei che il futuro fosse oggi» di V. Lucarelli di DIEGO ZANDEL
Valerio Lucarelli, campano, è nato nell'anno della strage di Piazza Fontana, il 1969, che diede praticamente l'avvio a quella stagione del terrorismo, segnata dagli opposti estremismi e da infiltrazioni di corpi deviati dello Stato, che avrebbe caratterizzato un lungo periodo della nostra storia recente. Ha potuto quindi, per età, averne avuto soltanto il sentore, via via che cresceva, attraverso le notizie, le immagini, i commenti, le reazioni della gente e in famiglia: non c'era giorno che non fosse segnato da un attentato, gambizzazioni, omicidi, bombe, sequestri, rivolte...
Evidentemente tutto ciò deve ben aver inciso sul suo immaginario di ragazzo, perché oggi Valerio Lucarelli è uno tra i massimi esperti di terrorismo di quegli anni. Dopo il romanzo Buio rivoluzione, ha scritto ora il saggio Vorrei che il futuro fosse oggi, sottotitolo «Ribellione, rivolta e lotta armata» (L'Ancora del Mediterraneo ed., pp. 205, euro 16), tutto incentrato sulla storia di una delle sigle meno conosciute del terrorismo rosso, quella dei Nap, ovvero Nuclei armati proletari.
Nella informazione comune si tende a far coincidere tutti i terroristi di sinistra con le Brigate Rosse, il gruppo sicuramente più numeroso e diffuso per organizzazione sul territorio nazionale, ma i gruppi che allora agivano, facendo parlare di sé attraverso le gesta che compivano, erano diversi altri, Potere Operaio, Prima linea, Proletari armati per il comunismo, Formazioni comuniste armate..., ciascuna caratterizzata da peculiarità e obiettivi propri.
Quella dei Nap, nati da una costola di Lotta continua che nei primissimi anni ‘70 si dava molto da fare, Sofri in testa, con gli operai dell'Italsider e dell'Alfasud, si concentreranno sulla lotta nelle carceri, tra i detenuti, con un passo in più rispetto al lavoro che, in questo ambito, già faceva Lotta continua attraverso Soccorso Rosso. I Nap rispondevano in pratica a esigenze ben espresse da Giovanni Gentile Schiavone, uno dei suoi ideologi: «C'è uno Stato che ti tiene in galera. E ti tiene in galera con una forza diretta ed espressione del suo monopolio. Non puoi scherzare. O lo accetti o ci vai contro. E se ci vai contro, ci vai fino alla fine. Non è riformabile la questione».
E i Nap hanno fatto così: sono andati contro fino alla fine, tanto da essere decimati e offrire, nelle file del terrorismo rosso, il maggior tributo di morti, a cominciare da quel Luca Mantini, tra i fondatori dei Nap, che sarebbe stato ucciso nel corso di una rapina in banca per autofinanziamento. Anche la sorella Annamaria, cattolica, attivista dei focolarini, il movimento religioso fondato da Chiara Lubich, al cospetto del cadavere del fratello pronuncia la frase: «Avanti sempre fino alla vittoria», impegnandosi poi nella lotta armata, anch'essa incontrando la morte nel sangue.
Senza alcuna mitologia, ma con gli strumenti dell'inchiesta giornalistica, la testimonianza dei protagonisti sopravvissuti a quella stagione, non solo gli ex nappisti stessi, ma anche le vittime tra queste, quella straordinaria del giudice Giuseppe di Gennaro, uno dei primi ad essere sequestrato dai Nap Valerio Lucarelli racconta in capitoli densi di nomi, episodi, scenari, collegamenti, una storia estrema di uomini e donne che, come scrive Lucarelli, «si sono trasformati in un'organizzazione militare arida, rinchiusa in se stessa. D'un tratto slegati dalla realtà, progettano ed eseguono azioni sanguinarie prive di senso, attraverso un esiguo gruppo di militanti, morti o arrestati oltre i quali è impossibile andare». E che, paradossalmente, nella opinione dei protagonisti di altre organizzazioni estremiste d'allora, sono considerati marginali rispetto il contesto dell'epoca.