Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Admin (del 01/10/2007 @ 20:58:21, in Articoli, linkato 2099 volte)
Caserta, viale Carlo III, nove del mattino. Sono intrappolato nel traffico. L’imbocco dell’autostrada A1, agognata meta, è appena a un chilometro. La polizia coordina il traffico. Un auto in panne viene rimossa. Scene da esodo ferragostano. Lavoratori manifestano per i loro diritti calpestati? Nella zona diverse realtà giustificano quel timore. Invece, pochi metri dopo, ecco svelato l’arcano: un cartellone pubblicizza l’apertura del “Campania”, ennesimo centro commerciale. Strutture che soffocano il piccolo commercio e devastano luoghi. Tutte uguali.
Per invertire il senso di marcia ci vorrebbe una manovra ardita. Rinvio il mio appuntamento e decido di incolonnarmi ordinatamente. Non è masochismo. È l’istinto di chi sa che avrà qualcosa da raccontare.
Finalmente imbocco la bretella d’ingresso del centro. Tre corsie, come l’autostrada. Uomini si sbracciano per deviare le auto verso un parcheggio laterale. È lontano, ma forse lì qualche posto si recupera.
Un brusio accompagna i miei passi. Sale d’intensità fino a mutarsi in frastuono. Scene dantesche si aprono ai miei occhi. Un’onda umana fluttua pericolosamente. Una donna avverte un malore. Due infermieri cercano di soccorrerla. Tanti spingono per entrare. Pochi escono. Trionfanti, con il loro scalpo. Li avvicino. Sono lì dalle sette del mattino. Hanno atteso tre ore. Qualcuno, vergognandosi, si giustifica con la necessità del risparmio. Esausti, stringono televisori lcd e cellulari acquistati a prezzi stracciati e, forse, stracciando la dignità.
La notizia è rimbalzata su tutte le agenzie pochi minuti fa. Cristoforo Piancone, 57 anni, ex esponente delle Brigate Rosse, è stato arrestato dalla Polizia a Siena dopo aver rapinato con un altro malvivente una filiale del Monte dei Paschi di Siena.
Piancone, nome di battaglia "Gerard", ha avuto un ruolo di rilievo all’interno delle BR. Era entrato anche a far parte della Direzione Strategica. Fu arrestato l´11 aprile del 1978 a Torino, dopo aver partecipato all´agguato in cui fu ucciso l'agente Lorenzo Cotugno. Siamo nei giorni del sequestro di Aldo Moro.
Piancone rimane ferito e i suoi compagni lo lasciano al pronto soccorso dell'ospedale Astanteria Martini. Condannato a sei ergastoli aveva scontato una pena di 25 anni. Non si era mai pentito né dissociato. Aveva ottenuto una prima volta la semilibertà perdendola per aver cercato di rubare merce di poco valore al supermercato Esselunga di Alessandria. Nulla di paragonabile a quanto da lui realizzato lunedì in pieno centro di Siena. Poi, il 5 aprile del 2004 il Tribunale di sorveglianza di Torino gli aveva concesso per la seconda volta la semilibertà.
Dopo aver svaligiato la banca i due rapinatori erano fuggiti inseguiti dalla Polizia. Doveroso l’uso del condizionale, ma parrebbe che Piancone abbia puntato la rivoltella contro un poliziotto per sparargli dopo che quest’ultimo aveva esploso dei colpi in aria. So che rischio di attirarmi gli strali di molti, ma rapinare una banca è un reato previsto dal codice penale, rischiare di uccidere un uomo, un crimine infinitamente maggiore.
Davvero una brutta storia questa di Piancone. Brutta perché riapre ferite mai sanate. Basti pensare alle vittime del terrorismo. Fra queste Bruno Berardi, figlio di Rosario Berardi, il maresciallo assassinato dalle BR il 10 marzo 1978 a Torino, nei giorni in cui lo Stato aveva gravi difficoltà a portare avanti il processo contro le Brigate Rosse. Piancone era stato condannato per quell’omicidio. Facile immaginare lo stato d’animo di Bruno Berardi.
Ma non solo per questo è una brutta storia. Penso a tutti quei detenuti che conducono un’esistenza irreprensibile nella speranza di poter accedere ai benefici previsti dalla legge e ricostruirsi una vita nuova. Questa vicenda susciterà nuove prevedibili polemiche e a rimetterci saranno i più deboli.
Faccio fatica a immaginare che la rapina di Piancone fosse stata pensata per scopi politici. Tuttavia fatti di cronaca come questi si prestano a una facile strumentalizzazione.
Sono davvero in tanti a lavorare per far cadere sugli anni 70 una cortina di fumo inviolabile. Sono troppe le domande che ancora non hanno avuto risposta. Un patto scellerato è stato stretto tra chi sa. La storia d’Italia si è arrestata a trent’anni fa. Oggi siamo un paese isterico e immaturo, occupato da una classe politica incapace e priva di qualsiasi decenza. Sono questi i frutti che paga la nostra generazione per il mancato accertamento della Verità storica.
Davvero non ci voleva.
Di Admin (del 08/10/2007 @ 09:06:16, in Articoli, linkato 1977 volte)
Attenti automobilisti, è arrivato il Tutor. In queste settimane anche sulla autostrada Roma - Napoli è entrato in vigore il nuovo sistema per il controllo elettronico della velocità. A differenza dell’autovelox il Tutor misura la velocità media dei veicoli in tratti stradali tra i 10 e 25 km. In questo modo eviteremo multe per aver superato i limiti in un breve tratto, magari perché impegnati in un sorpasso.
Ma il dubbio di trovarsi di fronte all’ennesima misura per fare cassa resta forte.
In molti tratti della A1 insiste un limite di velocità di 100 km orari che pare eccessivo. Mi piacerebbe vedere il ministro dei trasporti, meglio se scortato dal suo vice ministro, dai suoi due sottosegretari, dagli otto principali collaboratori e dai dodici consiglieri, (fonte: www.trasporti.gov.it) viaggiare sulla Roma - Napoli rispettando il suddetto limite.
Intanto i costruttori continuano a offrirci auto dalle prestazioni sempre più aggressive. Non sarebbe opportuno che si dedicassero alla sicurezza? Una politica seria di prevenzione dovrebbe viaggiare in una diversa direzione. Inasprire le sanzioni per chi adopera l’autostrada come un circuito di Formula Uno. Intensificare i controlli verso i camionisti, spesso costretti a guidare per l’intera giornata senza rispettare i necessari turni di riposo. Intercettare ai varchi di ingresso, prima che sia troppo tardi, i guidatori in stato di ebbrezza.
Infilare le mani nelle tasche dei cittadini non significa rendere le strade più sicure.
Eventi di cronaca e circostanze varie hanno fatto sì che in questi giorni io abbia avuto un carteggio molto fitto con alcuni amici.
Carteggio per modo di dire, visto che abbiamo utilizzato cellulari, msn, e mail...
Con Salvatore, Gianfranco, Luigi, Giuliano, Demetrio, Tommaso spero si crei una sintonia sempre maggiore.
Chissà se per non morire questa società malferma ci darà un luogo.
Chissà se continueremo a essere sguardo sincero.
Chissà se rimarremo puliti, schivando invidie e gelosie accecanti.
Di Admin (del 15/10/2007 @ 12:28:45, in Articoli, linkato 2002 volte)
“Direttore pensate di stare ancora a Udine? Anche voi tenete figli.” Queste alcune minacce subite da Pierpaolo Marino, direttore generale del Napoli calcio.
A rivelarlo, l’inchiesta condotta dal Pm Antonio Ardituro sul lucroso business dei biglietti gratuiti gestito dai capi della tifoseria organizzata. Che siano capi di qualcosa lo stabilirà il processo, sin d’ora emerge l’impossibilità di definire tifosi questi gentiluomini.
Sono trascorsi 25 anni da quando cominciai a frequentare lo stadio San Paolo. Rudy Krol, la sua classe cristallina, il primo campione di cui mi innamorai. Altri ne seguirono. Ragazzino, mi chiedevo perché l’allora capo dei tifosi della curva B non osservasse la partita per dettare, spalle al campo, i tempi e i modi del tifo. E il piacere di vedere la partita, di ammirare le esaltanti magie di un sudamericano venuto a Napoli per regalarle gioia? Nulla di tutto questo. Sentivo parlare di fede. A me appariva come un bieco lavoro.
Attraverso la vendita dei biglietti, gli incriminati pare intascassero cifre ingenti. Sì, ma quanta fatica, quanti rischi, quanta violenza e arroganza. La tanta proclamata passione per il calcio trasformata nell’ennesima menzogna. Legittimo pensare al finto potere dei mafiosi. Proprietari di immense fortune, a capo di interi eserciti, capaci di dare o levare la vita, eppure costretti a fuggire in eterno, a rinchiudersi in umili casolari, a comunicare con i pizzini.
Ma ne vale davvero la pena? È questa la vita che avete sognato?
Di Admin (del 21/10/2007 @ 12:30:08, in Cronaca, linkato 2293 volte)
Per un mese ha provato a vivere con lo stipendio di un operaio. Dopo 20 giorni ha finito i soldi.
Enzo Rossi, 42 anni, produttore della pasta all'uovo Campofilone, ha deciso allora di aumentare di 200 euro al mese, netti, gli stipendi dei suoi dipendenti, che sono in gran parte donne. Ha dichiarato di essersi vergognato, perché non è riuscito a fare nemmeno per un mese intero la vita che le sue operaie sono costrette a fare da sempre. Ha detto che "è giusto togliere ai ricchi per dare ai poveri".
Signor Rossi, per caso non sarà comunista?
"No. Non sono marxista. Sono un ex di destra. Ex perché quelli che votavo non sanno fare nemmeno l'opposizione".
Perché allora questo mese da "povero" e soprattutto la decisione di aumentare i salari a chi lavora per lei?
"Perché stiamo tornando all'800, quando nella mia terra c'erano i conti e i baroni da una parte ed i mezzadri dall'altra, e si diceva che i maiali nascevano senza coscia perché i prosciutti dovevano essere portati ai padroni. Negli ultimi decenni il livello di vita dei lavoratori era cresciuto e la differenza con gli altri ceti era diminuita. Adesso si sta tornando indietro, e allora bisogna rimediare".
Aveva bisogno davvero di provare a vivere con pochi soldi? Non poteva chiedere a chi è costretto a farlo, senza scelta?
"Certo, sapevo come vivono le donne che lavorano per me. Ma ho fatto questa esperienza soprattutto per le mie figlie, che non hanno mai provato le privazioni. Ho voluto fare toccare loro con mano come vivono la grandissima parte delle loro amiche".
Come si è svolto l'esperimento?
"E' stato semplice. Io mi sono assegnato 1.000 euro, e altri 1.000 sono arrivati da mia moglie, che lavora in azienda con me. Duemila euro per un mese, tante famiglie vivono con molto meno. Abbiamo fatto i conti di quanto doveva essere messo da parte per la rata del mutuo, l'assicurazione auto, le bollette... Con il resto, abbiamo affrontato le spese quotidiane. Il risultato è ormai noto: dopo 20 giorni non avevamo un soldo. Mi sono vergognato, anche se ero stato attento a ogni spesa. Sa cosa vuol dire questo? Che in un anno intero io sarei rimasto senza soldi per 120 giorni, e questa non è solo povertà, è disperazione".
Signor Rossi, lei è mai stato povero?
"Sì, anche se ero già un piccolo imprenditore. Nel 1993 - erano già nate le mie figlie - ho dovuto chiedere soldi in prestito agli amici per mantenere la famiglia. Non mi vergogno a dirlo, tanto quei soldi li ho restituiti. E' anche per questo che nell'esperimento ho coinvolto la famiglia. Volevo che le mie figlie vivessero in una famiglia con pochi mezzi, per trovare difficoltà e provare a superarle".
Il momento peggiore?
"L'ultimo giorno, quando ho deciso di arrendermi. Entro nel bar con 20 euro in tasca, gli ultimi. Sono conosciuto in paese, siamo 1.700 abitanti in tutto e gli imprenditori non sono tanti. Mentre entro un pensiero mi fulmina: e se trovo sei o sette amici cui offrire l'aperitivo? Non ho abbastanza soldi. Ecco, ci sono tanti operai che, quando tocca il loro turno, debbono pagare da bere agli altri, perché non è bello fare sapere a tutti che si è poveri. Sono in bolletta e non lo dicono a nessuno. In quel momento ho pensato: tanti di quelli che sono qui sono poveri davvero e non per un mese. Mi sono sentito come quando sei immerso in mare a 20 metri di profondità e scopri che la bombola è finita".
E allora ha deciso di aumentare i salari.
"E' il minimo che potevo fare. Secondo l'Istat, il costo della vita è aumentato di 150 euro al mese. Per quelli come me non sono nulla. Per gli operai 150 euro al mese in meno sono quasi 2.000 all'anno, e questo vuol dire non pagare le rate della macchina o non comprare il computer al figlio. E poi, lo confesso, io ho aumentato i salari anche perché sono un egoista. Secondo lei, come lavora una madre di famiglia che sa di non poter arrivare a fine mese? Se è in paranoia, dove terrà la testa, durante il lavoro? Le mani calde delle mie donne che preparano la pasta sono la fortuna della mia azienda. E' giusto che siano ricompensate".
Se aumenta gli stipendi, vuol dire che l'azienda rende bene.
"Nel 1997, quando ho preso il pastificio Campofilone, il fatturato era di 90 milioni di lire. Quest'anno arriveremo a 1,6 milioni di euro. Da due anni le cose vanno davvero bene, e mi posso definire benestante. Non è giusto che sia solo io a goderne. Il valore aggiunto derivato dalla trasformazione della farina e delle uova deve portare benefici sia ai contadini che mi danno la materia prima che ai lavoratori della fabbrica".
Come l'hanno presa, i suoi colleghi industriali?
"Mi sembra bene. Alcuni mi hanno telefonato per sapere se l'aumento di 200 euro è uguale per tutti e altre cose tecniche. Forse vogliono imitarmi e questa è una cosa buona. Io ho spiegato che sarebbe giusto non fare pagare alle aziende i contributi relativi a questo aumento. Se il governo capisce (mi ha telefonato anche Daniele Capezzone, della commissione imprese) l'idea di prendere ai ricchi per dare ai poveri non resterà soltanto un manifesto".
Da: http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/cronaca/industriale-operaio/industriale-operaio/industriale-operaio.html
Di Admin (del 22/10/2007 @ 09:22:58, in Articoli, linkato 1952 volte)
Antipolitica. La parola più trendy del momento. Grillo e il vaffa-day? Espressione dell’antipolitica. La partecipazione di massa alle primarie del nascente Partito Democratico? La migliore risposta all’antipolitica.
Mi domando cosa sia l’antipolitica. In un paese come il nostro e ancor più in una regione come la Campania, si è mai imposto un vero fermento, un autentico desiderio di innovare le linee governative? Difficile pensarlo seriamente. Meglio affidarsi alle parole di Flaiano quando sosteneva che in Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti.
Da sempre al Sud il politico è visto come il nobile di un tempo: colui che ha un diritto acquisito che nessuno può contestare. Basta che non esageri, s’intende. Altrimenti volano le monetine. Come accadde a Bettino Craxi all’Hotel Raphael.
Il politico è colui al quale chiedere un favore, quello che ci può sistemare, quello che ha a cuore gli interessi del singolo, non della società intera. Non importa a quale corrente appartenga, gli ideali(?) per i quali combatta, le idee che propugna. L’importante è blandirlo e riverirlo.
Solo in quest’ottica diventano comprensibili le parole, altrimenti fallaci, di Paolo Mieli, direttore del Corriere della Sera: “È forte la capacità della politica di dare risposta ai fermenti popolari” ha affermato in un recente incontro all’Università Federico II.
O Francia o Spagna purché se magna. Questo il disastroso modo di ragionare che ci condannerà all’infinito.
Di Admin (del 29/10/2007 @ 08:38:55, in Articoli, linkato 1930 volte)
L’articolo che non avrei mai voluto scrivere.
La scorsa settimana la piccola Antonietta, 4 anni, è morta per soffocamento. I medici dell’ospedale, dopo aver constatato il decesso, hanno scoperto profonde lacerazioni vaginali. Da tempo la bimba veniva violentata da uno zio.
Nei mesi scorsi questo giornale è stato protagonista di una coraggiosa campagna, “Fermiamo gli orchi”. Non ci si può fermare.
In un mondo scompaginato, in questo sud dove il degrado assedia interi quartieri e fa vivere uomini e donne in un’indicibile barbarie, non si può precipitare fino a violare l’infanzia dei bimbi.
L’orco di Crispano ha 48 anni, è analfabeta. Ha firmato la deposizione con una X. Nella delirante incoscienza che lo sovrasta, si è domandato stupito “le donne non servono a questo?”
È un dovere tornare su questo folle episodio. Dobbiamo sforzarci di immaginare quei momenti, i continui abusi, l’impossibilità per Antonietta di capire cosa le accadeva. E perché.
È lo stravolgimento della vita, la perdita di qualsiasi speranza. Antonietta è nostra figlia. L’ultimo fiore, che ci viene strappato dalle braccia.
Voglio, tutti noi dobbiamo pretendere, che certe infinite disgrazie non accadano mai più. Non solo con indagini per ripulire il territorio da esseri privi di qualsiasi coscienza. Ma attraverso l’istruzione, la cultura e il lavoro.
Viviamo in un’epoca alienante che ci fa assuefare a tutto, a qualsiasi sopruso o crudeltà. Se ci abitueremo anche a questo, il mondo sarà finito da un pezzo.
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