MARIO MORETTI: spia o puro rivoluzionario?
Mario Moretti. Studiare le Brigate Rosse comporta un passaggio chiave: interpretare la figura controversa di Mario Moretti, leader incontrastato delle BR dal 1975 al 1981. Difficile riuscire a parlarne in modo serio senza cadere in facili approssimazioni. Due correnti di pensiero si contrappongono definendolo il più puro dei rivoluzionari o una spia al servizio del potere che fingeva di voler abbattere. Le cose probabilmente non sono così semplici.
Moretti nasce a Porto San Giorgio nelle Marche il 16 gennaio 1946. A finanziare i suoi studi la famiglia nobile, vicina a posizioni fasciste, Casati Stampa di Soncino. Quei Camillo e Anna protagonisti nel 1970 di un clamoroso caso di cronaca, quando il marchese Camillo uccise la bellissima moglie e il giovane amante di lei, prima di suicidarsi. La loro villa a San Martino di Arcore sarà poi acquistata da un giovane imprenditore, tale Silvio Berlusconi.
Diplomatosi come perito industriale, all'inizio del 1968 Moretti è a Milano in cerca di lavoro. Ha con sé due lettere di raccomandazione: una di Ottorino Prosperi, rettore del Convitto di Fermo, per un posto all'università Cattolica, l'altra proprio della marchesa Anna Casati, per un impiego alla Sit-Siemens. Lo assumono in fabbrica.
Dai rapporti con i Casati Stampa nascono le prime illazioni sul conto di Moretti. Ma anche di Renato Curcio si sa che da ragazzo frequenta un collegio cattolico e che ad Albenga milita dapprima nel gruppo "Giovane nazione", quindi in "Giovane Europa", due organizzazioni fondate dal belga Jean Thiriat, vicine all’estrema destra. Non per questo la figura di Curcio si è mai prestata a ambigue interpretazioni.
Il 29 settembre 1969, in una comune di piazza Stuparich, Moretti si sposa con Amelia Cochetti, maestra d’asilo. Avranno un figlio, Marcello Massimo.
Alla Sit-Siemens conosce Corrado Alunni, Giorgio Semeria, Paola Besuschio, Pierluigi Zuffada, Giuliano Isa, Umberto Farioli, tutti futuri membri delle Brigate Rosse. Partecipa al Collettivo Politico Metropolitano(CPM), il gruppo che darà vita alle Brigate Rosse. Fin dall’inizio, con Corrado Simioni, Moretti è per la scelta della lotta armata, una strategia che Curcio e Franceschini osteggiano fortemente, ritenendo non maturi i tempi. Vanni Molinaris, Corrado Simioni e Duccio Berio lasciano l’organizzazione e fondano a Parigi la scuola di lingue Hyperion. Moretti e altri, come Prospero Gallinari, lo seguono.
Qualcuno, riferendosi ai fondatori dell’ Hyperion, parla di Superclan. Una struttura iper clandestina dai contorni indefiniti. Con il Superclan Moretti è in stretto contatto ma, dopo qualche tempo, fa ritorno nelle BR insieme a Prospero Gallinari.
Il 30 Giugno 1971, a Pergine di Valsugana, partecipa con Renato Curcio a una rapina per autofinanziamento. È la sua prima azione. Moretti all’interno delle BR si mostra sicuro di sé, pronto a tutto e soprattutto capace di assumersi tutte le responabilità del caso. Ma non sempre il suo comportamento è ineccepibile. Spesso pasticcia in modo grossolano.
Come durante un sequestro lampo di cui Moretti si occupa personalmente: prende l'ostaggio, lo carica in macchina, gli scatta una fotografia e lo rilascia. Ma al momento di disegnare la stella a 5 punte, aggiunge un vertice in più e il simbolo delle BR si trasforma nella stella di David. La foto viene pubblicata dal Corriere della Sera. Era un messaggio al Mossad? Voleva dimostrare di poter fare qualsiasi cosa all’interno delle BR?
Dubbi anche per il mancato rapimento del democristiano Massimo De Carolis, affiliato alla loggia massonica P2. Una settimana prima del sequestro, De Carolis sparisce dalla circolazione. Ma non basta, perché carabinieri e polizia decapitano l'intera organizzazione, salvando soltanto il gruppo dirigente. Nella "prigione del popolo" di Via Boiardo le forze dell'ordine trovano una scatola da scarpe con fotografie di Curcio e altri negativi compromettenti. La scatola l'ha lasciata Moretti, che agli altri compagni aveva assicurato di averla distrutta come da accordi. Mentre è in corso la perquisizione, Moretti arriva sul posto guidando la macchina della moglie, che poi lascia parcheggiata fuori dallo stabile. Grazie a questa disattenzione i carabinieri arriveranno fino alla moglie di Moretti: sentendosi braccato la scelta della clandestinità è pressocchè obbligata.
Nel 1974 Curcio e Franceschini sono arrestati grazie all’'infiltrato Silvano Girotto, un ex frate soprannominato frate Mitra. Moretti avrebbe ricevuto una telefonata da una fonte anonima due giorni prima dell'incontro tra i capi storici e Frate Mitra a Pinerolo. Incontro a cui avrebbe dovuto partecipare lo stesso Moretti. Moretti si giustifica con i compagni dicendo che non era riuscito ad avvertirli. I precedenti incontri tra Frate Mitra e i capi brigatisti erano stati fotografati e le fotografie inviate all'autorità giudiziaria. A uno di questi incontri aveva partecipato anche Mario Moretti, ma il suo nome non veine preso in considerazione.
Fuori dai giochi Franceschini e Curcio, Moretti adotta immediatamente una linea più dura nella lotta armata contro lo Stato. Nel 1975 Mara Cagol viene uccisa e Giorgio Semeria rimane gravemente ferito: Moretti è il leader indiscusso delle BR. Si trasferisce a Roma, dove progetta la "campagna di primavera": sarà lui a gestire il sequestro, la prigionia e la morte di Aldo Moro.
Intanto Renato Curcio evade dal carcere di Casale Monferrato. Nel gennaio 1976 i vertici delle BR si incontrano. Moretti, sovvertendo le regole della rigida compartimentazione che le BR si erano date, insiste per trascorrere la notte nell’abitazione di Curcio, di cui non conosceva il recapito. Due giorni dopo la polizia fa irruzione nell’appartamento e arresta per la seconda volta Curcio.
Alle Carceri Nuove di Torino, al VI braccio, secondo piano, Curcio e Franceschini si ritrovano. Curcio dice a Franceschini: "Mi sono convinto che Moretti è una spia, è lui che mi ha fatto arrestare".
La rivelazione di Curcio, unita ai timori di Semeria, che riteneva Moretti una spia per una serie di covi caduti a Milano, spingono le Br ad aprire una inchiesta nei suoi confronti. L’inchiesta, portata avanti da Bonisoli e Azzolini, lo scagiona.
Negli anni successivi, per sua stessa ammissione, il pluriricercato Moretti si recherà numerose volte a Parigi. Durante il sequestro Moro viaggia ripetutamente sull’asse Roma-Firenze. Sfugge sempre a tutti i controlli.
Nel 1981 le BR a Milano sono state quasi completamente annientate. Moretti tenta di ricostruire un nuovo nucleo milanese. Per farlo si espone a rischi eccessivi. Con Enrico Fenzi, cognato di Giovanni Senzani, deve incontrare giovani da arruolare. Fra loro Renato Longo, malvivente e informatore della Digos di Pavia. Al momento dell’incontro, il 4 Aprile del 1981, dopo oltre dieci anni di latitanza, Moretti, la "primula rossa delle Br", viene arrestato. È condannato a sei ergastoli.
Nel carcere di Cuneo subisce un misterioso agguato. Ad aggredirlo con un coltello, ferendolo al braccio, il delinquente comune Salvador Farre Figueras. A salvare lui e Enrico Fenzi dall'aggressione di Figueras è Agrippino Costa che istintivamente si frappone per difendere i compagni. Solo dopo l'intervento di Costa, le guardie aprono i cancelli. A loro Figueras consegna il coltello.
Non ha mai collaborato alle indagini, non si è mai pentito né dissociato. A gennaio 1993, dopo meno di dodici anni di carcere, usufruisce del primo permesso premio.
Nell'estate dello stesso anno concede una lunga intervista a Carla Mosca e Rossana Rossanda, che diviene un libro, “Brigate rosse : una storia italiana”. Lo pubblica Anabasi, casa editrice che visse appena un triennio, diretta da Sandro D’Alessandro ex militante del Superclan.
Nel 1997 ottiene la semilibertà e il beneficio del lavoro esterno. Di notte ha l'obbligo di rientro al carcere di Opera.
Il senatore Sergio Flamigni ha dedicato una fetta dei suoi importanti studi alla figura di Moretti, da lui definito come “la sfinge”. Nella palazzina di via Gradoli 96, dove Moretti abitava durante il sequestro Moro, c'erano 24 appartamenti intestati a società immobiliari, tra i cui amministratori figuravano personaggi appartenenti ai servizi segreti. Nella stessa palazzina al secondo piano vi è un’informatrice della polizia, al n° 89 di via Gradoli abita un ex ufficiale dei carabinieri, agente segreto militare e compaesano di Moretti. Sono questi solo una piccola parte dei dati raccolti da Flamigni. Che sostiene: “la vera storia delle Br morettiane e del delitto Moro è in gran parte ancora da scrivere.”
Come sintetizzò il Generale Dalla Chiesa nella sua deposizione alla commissione sul terrorismo nel 1982: “Le BR senza Moretti sono una cosa. Le BR con Moretti sono un’altra.”
Ascoltando dagli archivi Rai la telefonata fatta alla famiglia Moro pochi giorni prima dell'assassinio dello statista, è difficile rintracciare il feroce e sanguinario leader delle BR. Più facile avvertire una persona disperata.
Mario Moretti non era una spia, forse qualcosa di più.
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