Alla Cascina Spiotta, dove era imprigionato l'industriale Vallarino Gancia, Mara Cagol cadde in un conflitto a fuoco o bisogna credere all'autopsia che parlò di colpo sparato per uccidere?
Margherita Cagol proviene da una famiglia cattolica, da ragazzina organizza lotterie di beneficienza, suona la chitarra arrivando ad incidere alcuni brani per la Rai. Dopo il diploma di ragioneria si iscrive alla facoltà di Sociologia di Trento dove conosce Renato Curcio. Nel luglio del 1969 si laurea con una tesi sulla “Qualificazione della forza lavoro nelle fasi dello sviluppo capitalistico”, mentre Curcio rifuta di discutere la tesi di laurea non riconoscendo alcuna autorità alla commissione.
Gli eventi da allora si succedono freneticamente. Ad agosto Renato e Mara si sposano, poi sono tra i fondatori del Colletivo Politico Metropolitano. In una lettera alla madre scrive:
"Tutto ciò che è possibile fare per combattere questo sistema è dovere farlo, perché questo io credo sia il senso profondo della nostra vita. Non sono cose troppo grosse, sai mamma. Sono piuttosto cose serie e difficili che tuttavia vale la pena di fare. […] La vita è una cosa troppo importante per spenderla male o buttarla via in inutili chiacchiere o battibecchi." Il passaggio alla lotta armata è ormai vicino.
L’ultima speranza di una vita vissuta con profondo impegno ma senza il ricorso alla violenza cade forse quando nel 1971 Curcio e la moglie vengono coinvolti in uno scontro con la polizia a Quarto Oggiaro dove avevano occupato delle case. In quella circostanza Mara perde il bambino che aveva in grembo. I due entrano in clandestinità diventando insieme ad Alberto Franceschini i leader delle Brigate Rosse. L’8 settembre 1974 Curcio e Franceschini vengono arrestati. In una delle sue ultime lettere ai genitori Mara scrive:
“Cari genitori, vi scrivo per dirvi che non dovete preoccuparmi troppo per me. Ora tocca a me e ai tanti compagni che vogliono combattere questo potere borghese ormai marcio continuare la lotta. Non pensate per favore che io sia un’incosciente. Grazie a voi sono cresciuta istruita, intelligente e soprattutto forte. E questa forza in questo momento me la sento tutta. È giusto e sacrosanto quello che sto facendo, la storia mi dà ragione come l’ha data alla Resistenza nel ’45. Ma voi direte, sono questi i mezzi da usare? Credetemi non ce ne sono altri. Questo stato di polizia si regge sulla forza delle armi e chi lo vuol combattere si deve mettere sullo stesso piano.”
La Cagol organizza un piano per far evadere Curcio rinchiuso nel carcere di Casale Monferrato. È lei, pistola serrata fra le mani, ad entrare nel carcere e a far fuggire Curcio. Questo il comunicato BR per la liberazione di Curcio:
Il 18 Febbraio un nucleo armato delle BR ha assaltato e occupato il carcere di Casale Monferrato liberando il compagno Renato Curcio. Questa operazione si inquadra nella guerra di resistenza al fascio di forze della controrivoluzione che oggi nel nostro paese sta attuando un vero e proprio “golpe bianco” seguendo le istruzioni dei superpadroni imperialisti Ford e Kissinger.Queste forze usando il paravento dell’antifascismo democratico tentano di far credere che il grosso pericolo al quale si va incontro sia la ricaduta nel fascismo tradizionale. Per questa via esse ricattano le sinistre mentre attuano il vero fascismo imperialista. Siamo giunti cioè al punto in cui la drammatica crisi di egemonia della borghesia sul proletariato sfocia nell’uso terroristico dell’intero apparato di coercizione dello stato. La campagna costruita ad arte e scatenata negli ultimi mesi in principal modo dalla DC sull’ordine pubblico lo dimostra. Le caratteristiche fondamentali di questo attacco controrivoluzionario sono due:
1)la volontà di ridurre ad una funzione neocorporativa il movimento sindacale e la sinistra;
2)la pratica di annientamento per via militare di ogni focolaio di resistenza.
La crisi di regime non evolve dunque verso la catastrofica dissoluzione delle istituzioni,ma al contrario gli elementi di dissoluzione sono gli anticorpi di una ristrutturazione efficentistica e militare dell’intero apparato statale. Il terreno di resistenza alla controrivoluzione si pone così come terreno principale per lo sviluppo della lotta operaia. Il movimento operaio ha infatti di fronte a sé il problema di trasformare l’egemonia politica che già oggi esercita in tutti i campi,in un’effettiva pratica di potere e cioè deve porre all’ordine del giorno la necessità della rottura storica con la DC e della sconfitta della strategia del compromesso storico.Deve porre un primo piano la questione del potere,della dittatura del proletariato.
Compito dell’avanguardia rivoluzionaria oggi e quello di combattere a partire dalle fabbriche,il golpismo bianco in tutte le sue manifestazioni,battere nello stesso tempo la repressione armata dello stato e il neocorporativismo dell’accordo sindacale.
La liberazione dei detenuti politici fa parte di questo programma. Liberiamo e organizziamo tutte le forze rivoluzionarie per la resistenza al golpe bianco.
Lotta armata per il comunismo
Brigate Rosse
Il 4 giugno del 1975 le BR sequestrano l’industriale Vallarino Gancia. L’uomo viene nascosto alla cascina Spiotta sulle colline di Acqui Terme. Mara e un altro brigatista, di cui non si è mai venuto a conoscere l’identità, lo sorvegliano. Il 5 giugno un nucleo di carabinieri arriva alla cascina Spiotta. Nasce un conflitto a fuoco. Un carabiniere viene ucciso. Mara è ferita, l’altro brigatista fugge verso il bosco. È lui, qualche minuto dopo, a sentire uno sparo. Margherita muore.
Ecco il racconto rilasciato a Manuel Fondato dal Generale dei Carabinieri Umberto Rocca, coinvolto nello scontro a fuoco alla Cascina Spiotta:
"Alla cascina Spiotta era tutto chiuso, c’erano tre macchine posteggiate sotto il porticato,busso, c’era scritto “ Mara Caruso”, ribusso-nulla. Io e il maresciallo tentiamo allora di aprire le macchine e controllare i libretti di circolazione. D’Alfonso mi riferisce di aver udito, all’interno, una radio e di aver riconosciuto la voce del nostro operatore. Chiaramente erano sintonizzati sulla nostra centrale operativa e ne avevano una seconda sintonizzata sulla centrale della Polizia, lì ad Acqui c’era la polizia stradale. Ribusso ormai quasi certo che qualcuno doveva trovarsi all’interno e contemporaneamente ordino a Barberis di spostare la macchina e di avvisare la centrale chiedendo rinforzi, una comunicazione che è stata udita anche dai brigatisti che dormivano all’interno, lei si affaccia, io la vedo, la vedo attraverso le persiane di legno, tipiche dell’epoca, mi ricordo che lei aveva una permanente. Quando la invito a scendere lei si ritrae, è chiaro che aveva qualcosa da nascondere. Ci siamo disposti intorno alla cascina quando un uomo apre la porta domandandoci cosa volessimo, come se non fosse evidente quando tre carabinieri si presentano in divisa alla tua porta! Gli dico di mostrarci i documenti, io ero armato con un M1 (arma lunga) ma dopo pochi istanti odo le grida “Attento!Attento!” e vedo solo una cosa rossa davanti al viso, mi aveva lanciato una bomba a mano, io ho istintivamente alzato il braccio sinistro, ho sentito una sberla, una botta, ma nessun dolore, assolutamente nessun dolore, il timpano fischiava ed il braccio era saltato di netto, la fortuna è stata che il calore della bomba aveva chiuso i vasi sanguigni, altrimenti sarei morto dissanguato. Non ho perso conoscenza ma sono rimasto concentrato sull’azione. I terroristi escono fuori, uno salta nella sua macchina provando a fare marcia indietro, lancia la seconda bomba che però non ferisce nessuno, esce fuori l’appuntato D’Alfonso, che cerca di speronarlo con la banana, il paraurti delle macchine di quegli anni, impedendone la marcia indietro, in questo tentativo D’Alfonso cade in terra, la donna (Mara Cagol) esce e gli tira un colpo in testa. Morirà l’11. Io sono fuori gioco anche se sono lì ma Cattafi e Barberis sono illesi e riescono a frenare la fuga della Cagol che intanto aveva tamponato. La Cagol si arrende, ripeto si arrende, alza le braccia, intanto l’altro, di cui non farò il nome, quello che aveva lanciato le bombe, aveva altre due bombe, ne lancia una terza a Barberis urlando alla Cagol di scansarsi, Barberis si china e la schiva, la Cagol tenta di scappare, lui tira e la prende sotto l’ascella sinistra con foro d’uscita dal fegato (Barberis era più alto della donna). L’uomo, l’eroe a quel punto scappa."
I risultati dell’autopsia dicono che Margherita è seduta a braccia alzate e che le è stato sparato un solo colpo di pistola sotto braccio sinistro: un colpo per uccidere. Renato Curcio scrive il volantino di commemorazione:
Ai compagni dell’organizzazione, alle forze sinceramente rivoluzionarie, a tutti i proletari. È caduta combattendo Margherita Cagol, “Mara”, dirigente comunista e membro del Comitato esecutivo delle Brigate Rosse. La sua vita e la sua morte sono un esempio che nessun combattente per la libertà potrà dimenticare. Fondatrice della nostra organizzazione, “Mara” ha dato un inestimabile contributo di intelligenza, di abnegazione, di umanità, alla nascita dell’autonomia operaia e della lotta armata per il comunismo. Comandante politico-militare di colonna, “Mara” ha saputo guidare vittoriosamente alcune fra le più importanti operazioni dell’organizzazione. Valga per tutte la liberazione di un nostro compagno dal carcere di Casale Monferrato. Non possiamo permetterci di versare lacrime sui nostri caduti, ma dobbiamo impararne la lezione di lealtà, coerenza, coraggio ed eroismo! È la guerra che decide in ultima analisi della questione del potere: la guerra di classe rivoluzionaria. E questa guerra ha un prezzo: un prezzo alto certamente, ma non così alto da farci preferire la schiavitù del lavoro salariato, la dittatura della borghesia nelle sue varianti fasciste o socialdemocratiche. Non è il voto che decide la conquista del potere; non è con una scheda che si conquista la libertà. Che tutti i sinceri rivoluzionari onorino la memoria di “Mara” meditando l’insegnamento politico che ha saputo dare con la sua scelta, con il suo lavoro, con la sua vita. Che mille braccia si protendano per raccogliere il suo fucile! Noi, come ultimo saluto, le diciamo: “Mara”, un fiore è sbocciato, e questo fiore di libertà le Brigate Rosse continueranno a coltivarlo fino alla vittoria!
Lotta armata per il comunismo.
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