E non è ancora finita - L'inizio
E non è ancora finita. Così urla l’home page di repubblica.it. Siamo in pieno gennaio, uno dei periodi più freddi dell’anno. In teoria.
Un inverno del cazzo, anomalo e caldissimo. La settimana scorsa non riuscivo a prendere sonno e cercai sollievo in un gelato mangiato con avidità sul terrazzo.
Da ieri le temperature sono scese e la pioggia cade abbondante sull’intera penisola. I media, dopo averci bombardato con i loro allarmismi sul clima impazzito, l’innalzamento delle temperature, lo scioglimento dei ghiacciai e le imminenti catastrofi pronte ad abbattersi sul pianeta, hanno subito invertito la rotta del loro barcone per continuare a terrorizzarci.
Violenti acquazzoni e temperature in forte calo. E non è ancora finita.
Terrore, paura. Queste sono le parole d’ordine. Per me non valgono. Bisogna avere qualcosa, per avere timore di perderla. Se non hai nulla, se la tua vita ha imboccato l’ultimo tunnel, quello senza uscita, non te ne frega un cazzo del clima, dell’innalzamento degli oceani, né dell’aumento del costo del petrolio o del pericolo islamico.
Sono altri a dover aver paura di me. Ora.
Istintivamente la mano dirige il mouse sulla foto di macchine impantanate nell’acqua e il click parte a richiedere il dettaglio della notizia. Non sono ancora del tutto immune dal sistema. Ne subisco ancora i riflessi condizionati. L’occhio annaspa nel video, mischiando i font in un’immagine indistinta che sembra dar corpo al principio del disastro.
Difficile capire quale sia stato il punto di non ritorno. Erano anni che un lento stillicidio professionale aveva eroso tutte le barriere figlie della speranza.
Lavoravo per la Texas Instruments...